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Per Aspera Ad Veritatem n.7
Cooperazione europea e lotta al crimine organizzato

Claudio VACCARO




Durante il decorso 1996, il Consiglio dei Ministri dell'Interno e della Giustizia dei Paesi membri dell'Unione europea ha, tra l'altro, perfezionato, su iniziativa italiana, l'accordo politico sul testo di una dichiarazione congiunta per il rafforzamento dell'attività comunitaria nella lotta al crimine organizzato.
Con tale atto, presentato ufficialmente dal nostro Paese all'attenzione dei Partners europei, durante il semestre di Presidenza, nella Riunione Informale di Roma del 26 gennaio 1996, i Ministri responsabili, per i Quindici, della politica giudiziaria e dell'ordine pubblico, hanno voluto evidenziare, con un forte segnale, la necessità di accrescere l'efficacia dell'attività di prevenzione e repressione a fronte delle più gravi forme di delinquenza organizzata.
Con tale provvedimento è stato altresì raggiunto il culmine di un processo evolutivo, iniziato fin dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, e proiettato al potenziamento delle fondamentali strategie di cooperazione per la salvaguardia delle condizioni essenziali al mantenimento di uno spazio comune di sicurezza.
Il legislatore comunitario, infatti, nell'istituzionalizzare, con la disciplina dell'apposito Titolo VI del Trattato, l'attività di cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, ha ritenuto di sottolineare, in vista della realizzazione del processo di integrazione, l'importanza essenziale del principio della libera circolazione delle persone all'interno dei confini europei.
In funzione di tale intento sono stati indicati, nell'art.K1, i prioritari ambiti d'interesse comune sui quali sviluppare una proficua attività di collaborazione reciproca, con particolare menzione, al punto 9), della funzione di polizia "per la prevenzione e la lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale in connessione con l'organizzazione, a livello dell'Unione, di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un ufficio europeo di polizia (Europol)".
Dalla formale entrata in vigore del trattato, avvenuta il 1° novembre 1993, l'impegno degli Stati membri, al di là delle differenti realtà istituzionali e normative, è stato quello di procedere congiuntamente, coniugando gli sforzi e superando gli ostacoli per una rapida ed efficace attuazione del dettato comunitario.
In tale ottica possono essere opportunamente evidenziati i momenti maggiormente significativi che, fino alla citata Dichiarazione di Roma, hanno contrassegnato la politica di cooperazione contro il pericolo comune rappresentato dalle manifestazioni più gravi di criminalità organizzata e dalla sua specifica fenomenologia tesa a travalicare limiti e confini, facendo della internazionalizzazione uno degli aspetti più attuali e inquietanti.
Occorre, innanzitutto, accennare alla costituzione di UDE (Unità Droga Europol), sulla base dell'Accordo Ministeriale siglato a Copenaghen il 2 giugno 1993 e primo nucleo del futuro Ufficio di Polizia Europea.
L'iniziativa, sorta prima dell'entrata in vigore del Trattato di Maastricht allo scopo di orientare la cooperazione europea verso la costituzione di un sistema volto a garantire un ambito sufficiente di sicurezza in vista dell'abolizione delle frontiere interne, specie nel settore della lotta agli stupefacenti, con il nuovo assetto comunitario ha assunto un ruolo più specifico.
La struttura, sulla quale, dunque, si svilupperà, una volta completato il quadro normativo che ne disciplinerà le funzioni e gli obiettivi, la polizia europea, ha avviato ufficialmente la sua attività, con il contributo, in termini organizzativi e di personale, di tutti i Partners comunitari, nel febbraio del 1994, in coincidenza con il suo insediamento a l'Aja.
Il campo d'azione di UDE si è delineato, essenzialmente, nello scambio di informazioni e nella realizzazione di punti di analisi riguardanti la lotta al traffico illecito di stupefacenti, alle organizzazioni criminali dedite ad esso e alle attività connesse al riciclaggio di denaro sporco che interessano più Stati membri.
Ruolo fondamentale, in questo ambito, è stato riservato agli ufficiali nazionali di collegamento, ai fini del necessario raccordo fra le strutture operative dei vari Paesi ed in funzione di un flusso informativo mirato e costante quale necessario terreno di applicazione di una efficace strategia anticrimine.
L'esigenza, avvertita da più parti, di fronteggiare altre fenomenologie criminali progressivamente emerse nel panorama europeo e tali da minacciare, così come il narcotraffico, la sicurezza delle collettività, ha contribuito, poi, a rafforzare ulteriormente il processo di cooperazione comunitaria.
In quest'ottica devono essere viste le determinazioni adottate, all'interno dell'Unione, a partire dal dicembre 1994, allorquando le competenze di UDE sono state opportunamente ampliate.
Facendo, infatti, seguito alle decisioni del Consiglio Europeo di Essen circa l'estensione del campo di attività dell'organismo, è stata adottata dal Consiglio dei Ministri degli Affari Interni e della Giustizia del 10 marzo 1995 una specifica azione comune con cui le competenze di UDE sono state indirizzate verso altre gravi forme di criminalità organizzata attinenti al settore dell'immigrazione clandestina, al traffico di auto rubate, al contrabbando di materiale nucleare e a tutte le conseguenti attività di riciclaggio di capitale illecito.
La decisione ribadisce l'impegno e l'attenzione con cui tutti i Paesi membri seguono le pericolose tendenze che, specie a livello internazionale, contraddistinguono la portata del fenomeno criminale organizzato e il suo andamento evolutivo teso a invadere nuove mete e nuovi ambiti, consolidando sempre più il proprio potere e la propria sfera d'influenza.
La gravità del pericolo non consente, infatti, momenti di eccessiva riflessione, suggerendo invece un costante affinamento degli strumenti di difesa ed un'assidua vigilanza affinché i sistemi istituzionali, siano essi nazionali che a supporto di un imprescindibile progetto di cooperazione internazionale, abbiano sempre un efficiente proporzionalità, adeguata ad affrontare nuove e allarmanti sfide.
Su queste basi un ulteriore notevole risultato è stato conseguito dai Partners comunitari nel luglio 1995 con la sottoscrizione della Convenzione istitutiva di Europol, sfruttando l'opportunità espressamente concessa dall'art. K3 del Trattato di Maastricht circa la possibile predisposizione di forme giuridiche in grado di coordinare al meglio l'azione dei singoli Stati membri, con conseguente obbligo di successiva adozione all'interno dei singoli ordinamenti, in conformità ai rispettivi sistemi costituzionali.
Alla firma della Convenzione in questione, che costituisce l'esempio più evidente ed organico di uno sviluppo significativo della cooperazione nel settore dell'attività di polizia, si è giunti dopo due anni circa di lavori preparatori e di complesse negoziazioni impostate sulla comune esigenza di dover conseguire importanti risultati nel campo della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico.
Obiettivo principale della futura struttura, una volta completato l'iter di elaborazione dei regolamenti applicativi e le procedure di ratifica da parte dei Paesi membri, sarà quello di migliorare l'efficacia dei servizi nazionali e la loro cooperazione sulla base della obiettiva necessità di fronteggiare fenomeni che, per la loro portata e diffusione, non possono essere più contenuti all'interno dei rispettivi spazi nazionali.
Il forte allarme sociale suscitato all'interno dell'Unione, nella stessa estate del 1995, a seguito dei gravissimi attentati che hanno colpito in particolare la Francia, facendo riemergere in tutta la sua gravità il pericolo terrorista, ha spinto, poi, i Partners comunitari a rafforzare l'impegno contro quest'ulteriore fenomeno criminale, sempre in linea con le esplicite indicazioni del Trattato di Maastricht.
In quest'ottica si inserisce il segnale lanciato, nel secondo semestre del 1995, con l'approvazione della Dichiarazione c.d. di La Gomera.
Con tale documento, i Paesi dell'Unione, riconoscendo che la lotta al terrorismo, tra i settori di interesse comune, è un obiettivo prioritario del Trattato di Maastricht, hanno sottolineato la necessità di un più stretto coordinamento attraverso il rafforzamento dei meccanismi di cooperazione per una complessiva intensificazione dell'attività di contrasto.
L'Italia, sulla base di un'opportuna linea di continuità con le precedenti Presidenze, ed alla luce della forte esigenza comune di fronteggiare il crimine organizzato come fenomeno generale che insidia la democrazia, il libero esercizio dei diritti umani e lo sviluppo economico e sociale, a prescindere dalle connotazioni specifiche che esso può assumere nel settore del narcotraffico, del terrorismo, del riciclaggio o di altre gravi forme delittuose, ha voluto esaltare vieppiù, anche in campo internazionale, il proprio tradizionale impegno nel settore.
In tale ottica il nostro Paese ha ritenuto necessario, fin dall'inizio della Presidenza, definire il quadro di cooperazione comunitaria lanciando un forte segnale politico al quale ricollegare le numerose iniziative all'uopo programmate nell'ambito della cooperazione anticrimine e caratterizzando in maniera inequivocabile il semestre con una chiara impronta di efficienza e di stimolo.
In questo contesto la Dichiarazione sulla criminalità organizzata di cui in premessa, tratteggiando le linee essenziali per un rafforzamento delle strategie di cooperazione anticrimine sia nel settore dell'attività giudiziaria, sia nel settore dell'attività investigativa e di intelligence, evidenzia gli strumenti e le procedure più idonee a caratterizzare l'impegno futuro dell'Unione.
Il documento, che costituisce il momento politico più alto del percorso evolutivo che ha caratterizzato finora la sensibilità e l'attenzione dei Paesi dell'Unione nella lotta contro il crimine, rappresenta anche un punto di riferimento assai utile per l'ulteriore corso della cooperazione comunitaria, specie in vista del futuro ampliamento dell'organizzazione con il coinvolgimento di altre importanti realtà geografiche.
L'Europa del terzo millennio si prepara, infatti, ad estendere i propri confini verso zone particolarmente delicate dal punto di vista delle problematiche connesse alla sicurezza pubblica.
Fra queste particolare menzione meritano i Paesi dell'Europa Centrale e Orientale (i c.d.Paesi PECO: Bulgaria, Romania, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca), verso cui l'Unione Europea ha da tempo approntato opportuni progetti e proficue relazioni per un necessario scambio di idee e di esperienze.
Ne è riprova, a completamento del percorso fin qui delineato, il testo della Dichiarazione di Berlino del settembre 1994, relativo al rafforzamento della cooperazione nella lotta alla criminalità in materia di droga e alla delinquenza organizzata in Europa.
Tale iniziativa ribadisce appieno l'attenzione che il mondo occidentale rivolge ai gravi fenomeni che sono emersi, oltre che nei Paesi dell'ex Unione Sovietica, anche nelle aree considerate nuove terre di conquista di aggressive bande criminali, specie a seguito dei recenti sconvolgimenti politici e sociali che hanno contrassegnato la storia di quelle Nazioni, e per gli effetti preoccupanti che ne sono derivati all'interno del panorama internazionale.
Tali effetti possono essere ricondotti a due passaggi fondamentali: da un lato la tendenza della criminalità tradizionale a proiettarsi verso nuovi spazi e nuove fonti di ricchezza, dall'altro l'interesse di una delinquenza organizzata in via di potenziamento che cerca di allargare il proprio raggio d'azione.
Il risultato di tali perverse sinergie sta infatti provocando pericolose impennate nelle stime statistiche relative alle più gravi fattispecie delittuose tipiche di un contesto sovranazionale: traffico di stupefacenti, commercio illegale di armi e reati della sfera economica.
I territori in questione stanno purtroppo affermandosi quali nuovi crocevia del sistema criminale internazionale e in quest'ottica particolarmente assidua e costante deve essere la vigilanza degli Stati vicini e la politica di collaborazione con i nuovi sistemi politici che in quei Paesi stanno cercando di perfezionare moderni assetti democratici, nel duplice tentativo di impedire il perfezionamento dei più perversi disegni, nonché l'estensione verso nuove forme di delinquenza di cui già si intravedono, specie nel settore dell'organizzazione di reti di immigrazione clandestina, i primi pericolosi segnali.
Un impegno a vasto raggio, profuso anche in tale direzione, potrà senza dubbio contribuire a realizzare una base essenziale per il mantenimento di comuni condizioni di stabilità e sicurezza, e ciò sia nell'interesse del nuovo soggetto internazionale sorto, sulle premesse della Comunità Economica Europea, con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, e sempre più proiettato verso il consolidamento delle proprie posizioni, sia nell'interesse dei singoli Stati membri per il concorso che ognuno di essi, individualmente ma nello stesso tempo come parte di un sistema composito, è chiamato a fornire alla luce delle proprie potenzialità ed esperienze e in funzione di un ottimale raggiungimento degli obiettivi comuni.
In quest'ottica si è espresso, in particolare, il Ministro dell'Interno, On.le Napolitano, nel corso dell'appuntamento che ha sostanzialmente concluso, per il settore degli affari interni e della giustizia, il semestre italiano dell'Unione Europea, in occasione, cioè, dell'incontro presso la competente Commissione del Parlamento Europeo di Strasburgo, svoltosi il 18 giugno dello scorso anno.
Nella circostanza, il Ministro, nell'illustrare le tappe principali del cammino percorso durante la Presidenza italiana, ha evidenziato, con particolare risalto, l'impegno che deve continuamente sostenere il sistema di cooperazione europea a fronte della forte domanda di sicurezza risalente da collettività sempre più preoccupate per gli attacchi di una criminalità agguerrita e senza confini e per gli echi di una sfida nei cui confronti l'azione dei Governi nazionali, non più sufficiente singolarmente, deve mantenersi costante e strettamente ancorata alla necessaria prosecuzione di linee di continuità nel susseguirsi delle varie Presidenze alla guida dell'Unione.
In questo senso devono interpretarsi gli ulteriori segnali pervenuti durante l'appena decorsa Presidenza irlandese, volti ad una più ampia intensificazione dell'attività di contrasto alla criminalità organizzata, nell'ambito della quale, accomunati dal medesimo sentimento di reazione ai gravi fenomeni di drammatica attualità connessi allo sfruttamento sessuale dei bambini e alla tratta degli essere umani, i Partners comunitari hanno adottato, nello scorso dicembre, mirate deliberazioni per un ulteriore potenziamento della cooperazione di polizia, con opportuna estensione delle competenze di UDE anche a tale settore.




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